La Cengia Paolina è una delle gite a cavallo tra l'escursionismo e l'alpinismo più belle che si possono fare in Dolomiti. Si tratta di un percorso lungo, faticoso, con tratti esposti e non protetti ma ricco di fascino e storia.
Lungo questi terrazzamenti delle Tofane infatti c'erano numerose postazioni dei soldati durante la Prima Guerra Mondiale: sono ancora numerosi i resti delle baracche, ponti, scatolette e filo spinato. A testimoniare inoltre il grande valore storico di questo impegnativo trekking è il secondo nome con cui è conosciuta la cengia Paolina ovvero la Cengia Sabelli in onore al tenente Sabelli caduto durante la Guerra.
L'itinerario è molto lungo e faticoso, va affrontato solamente con un meteo stabile e sicuro e certi di avere un adeguato allenamento. Altra avvertenza: poiché ci sono alcuni nevai da attraversare e non si conoscono mai le loro condizioni è necessario portare con se ramponi e piccozza.
I passaggi realmente esposti e pericolosi non sono molti, però ci sono e vanno affrontati con passo fermo e con assenza di esitazione.
Solitamente si parte lasciando un'auto al Rifugio Angelo Dibona e tornando per il Ra Valles. In questa relazione siamo partiti dal Rifugio Dibona e siamo scesi fino a Sant'Uberto (poco sopra Fiames) percorrendo il lungo e difficile canalone Ra Ola in discesa (opzione probabilmente più breve ma non più facile).
Il sentiero della Cengia Paolina era segnato sulle cartine fino a qualche decina di anni fa. La manutenzione molto impegnativa e il carattere decisamente alpinistico dell'itinerario tuttavia hanno portato alla sua eliminazione dalle mappe.
Attualmente in qualche cartina si trova ancora la traccia segnata con i puntini neri a ricordare che è un itinerario "esistente" ma a cui non viene fatto alcun controllo e nessuna manutenzione.
Il sentiero della Cengia Paolina alle Tofane con discesa per Ra Ola fino a Sant'Uberto
Ecco una panoramica della Cengia Paolina dal Dibona a Sant'Uberto.
Lasciata l'auto al Rifugio Dibona a quota 2083 m slm si sale per facile e largo sentiero (segnavia 403) fino al Rifugio Giussani posto ai piedi della straordinaria parete Nord-Est della Tofana di Rozes (o Tofana Prima 3225 m slm).
Una volta giunti al Rifugio Giussani (2580 m slm) consiglio di entrare per chiedere informazioni sulla Cengia Paolina e per un ultimo caffè prima di 6-7 ore di sentiero selvaggio.
Lasciato il rifugio alle nostre spalle si prosegue per il sentiero che attraversa il Masarè ovvero il grande altopiano roccioso tra la Tofana di Rozes e la Tofana di Mezzo punteggiato di grandi massi (sempre segnavia 403).
Dopo qualche minuto bisogna prestare attenzione a scorgere sulla nostra destra le indicazioni cancellate per la Cengia Paolina. Non si farà fatica a notarle poiché la traccia ed il segno di vernice grigia sul sasso è ancora ben visibile.
Si prende la traccia che prosegue verso Nord e si punta dritti verso un nevaio. La testa del nevaio rappresenta l'accesso alla Cengia Paolina, per attraversarlo sono quasi sempre necessari i ramponi (non sottovalutare questo tratto).
Alla fine del nevaio si monta sulla cengia ed inizia la lunga avventura nel cuore delle Dolomiti d'Ampezzo.
La prima parte corre su una tratta di ghiaia solida e ben marcata che si sviluppa a picco (si parla anche di 700 m di parete verticale) sulla Val Travenanzes. Nonostante la severità dell'ambiente il senso di esposizione non è mai eccessivo essendo la cengia sempre piuttosto larga, ben battuta e stabile.
Si prosegue doppiando la punta Nemesis 2775 m slm (grande triangolo di roccia giallastra) entrando nel primo grande circo glaciale ai piedi della Tofana di Mezzo.
Superato lo spigolo il sentiero non corre più aereo ed esposto ma attraversa un grande circo che richiede di affrontare nevai e di camminare su un curioso tratto in cui si entra letteralmente all'interno di una parete di roccia color verde-panna.
La Cengia Paolina prosegue per traccia quasi sempre ben visibile e ancora oggi perfettamente segnalata. Si perde leggermente quota contornando fedelmente le rocce alla nostra destra facendo sempre attenzione a dove e come si mettono i piedi.
Si prosegue con un lungo saliscendi fino ad arrivare in un grande canale roccioso.
Potrebbe sembrare che l'itinerario prosegua ancora per cengia ed invece bisogna svoltare decisamente a destra (direzione Est) e faticosamente risalire una ripida parete.
Il dislivello da superare non è tanto ma la stanchezza inizia a farsi sentire.
Si arriva in un punto panoramico eccezionale in cui conviene fare una pausa per riprendere energia e mangiare qualcosa.
Si prosegue scendendo nel secondo circo glaciale per un grande canalone su terreno non banale fino a riprendere il percorso in cengia.
Ora inizia quello che secondo me è il tratto più bello dell'itinerario. Si cammina su un'esile traccia sospesa a picco sulla Val Travenanzes. Davanti e dietro a noi le mastodontiche pareti della Torre Fanes, Monte Ciaval, Furcia Rossa e Croda del Vallon Bianco, dopo un po' appare anche la Croda Rossa d'Ampezzo e le sue caratteristiche ghiaie color ocra.
In questo tratto il sentiero presenta alcuni passaggi delicati in cui non sono ammessi errori.
In particolare si dovrà attraversare una parete di roccia compatta in cui serve concentrazione e passo sicuro (si intuisce che una volta era protetta da cavo d'acciaio).
Aggirato lo spigolo l'itinerario riprende a salire su un terreno non banale (roccette e passaggi tra mughi).
Dopo essere saliti per quasi un centinaio di metri il sentiero torna ora a perdere quota e attraversa il terzo circo glaciale che si trova ai piedi di Cima Formenton.
Attraversando delle ripide ghiaie si supera uno spigolo e si vede l'ultima salita da fare. Qui il terreno è pieno di piccole e grandi frane.
Bisogna interpretare il terreno fino ad arrivare a una forcella nei pressi di un caratteristico pinnacolo roccioso.
Dalla forcella si vede per la prima volta il grandioso canalone di Ra Ola che però ancora non si può raggiungere: è necessario continuare la salita verso Sud-Est puntano alla Forcella Ra Ola.
Finalmente si è letteralmente dentro il canalone Ra Ola. La discesa è molto difficile, fare attenzione!
Il sentiero è segnato nelle cartine ma non va assolutamente sottovalutato. La parte alta è un facile e divertente scivolare sulle ghiaie fine molto mobili.
La parte centrale invece richiede di scendere con estrema attenzione: le ghiaie scivolose poggiano su roccia ferma e molto tagliente.
Si scende non senza difficoltà fino ad incontrare il torrente. La traccia in prossimità del torrente diventa più solida e stabile permettendo di scendere velocemente fino al Ponte dei Cadorìs in pochi minuti.
Il vantaggio della discesa per il canalone Ra Ola è che si perdono 700 m di quota in poco tempo. Lo svantaggio è che il terreno è difficile e pericoloso.
Chi non sa "gestire" le discese per ghiaioni è meglio che decida di scendere per il Ra Valles (segnavia 407).
Dal ponte Cadorìs si percorre la parte bassa della Val Travenanzes passando per un ambiente straordinario fino ad arrivare ai parcheggi di Sant'Uberto.
Itinerario superlativo da non sottovalutare: lungo e faticoso
La Cengia Paolina non è un itinerario con difficoltà alpinistiche esagerate, anzi tecnicamente è piuttosto facile. La sua difficoltà consiste nella lunghezza (mettere in conto dalle 6 ore in su, mediamente 8-10), nell'ambiente selvaggio, nella possibilità di trovare il sentiero spazzato via da frane.
I passaggi esposti e pericolosi sono pochi, ma ci sono e vanno affrontati con passo fermo.
Ci sono inoltre alcuni tratti in cui è facile perdere la traccia anche con il meteo perfetto, pertanto è da evitare assolutamente se ci sono nuvole basse e nebbia.
Però a fronte di tutte queste difficoltà la soddisfazione che si prova a concludere la Cengia Paolina vi ripagherà ampiamente della fatica fatta (e delle piccole ferite che sicuramente vi sarete fatti soprattutto se scendere per il Ra Ola).