Non siamo pronti agli opendata: la strada non solo è in salita, forse ancora non c'è. L'email da poco arrivata mi ha sfiduciato ed ha fatto svanire la speranza che avevo verso gli opendata in quanto mezzi per favorire sia trasparenza che crescita (in realtà non ho perso alcuna speranza, se scrivo questo testo è perchè credo moltissimo negli opendata ma la gravità del fatto richiede toni drammatici).
Se anche i massimi esponenti della diffusione della cultura, se anche le persone che vivono grazie al sapere, se anche i prof. universitari non fanno della trasparenza il faro che muove la loro attività e operano su un binario parallelo ma non coincidente con quello del movimento opendata siamo messi male. Oltremodo male.
Se avete tempo e siete curiosi di avere una panoramica di tutte le difficoltà finora vissute durante la creazione di "trasparenza e informazione open" leggete anche il paragrafo "primo tempo" altrimenti saltate subito al secondo tempo (il caporetto degli opendata).
Primo tempo: gli Opendata vanno subito sotto di 3 gol
Provo a raccontarvi alcune "bizzarre" esperienze vissute durante questi ultimi 2 anni di sviluppo di fabiodisconzi.com il sito personale che uso come vetrina (per farmi conoscere agli interessati verso il mondo opendata) sia come incubatore di strumenti online con i quali, partendo dagli archivi opendata, cerco di far comprendere un po' meglio come funziona il mondo.
Opendata - società: 0 - 1
Le prime email "strane" mi sono arrivate dopo aver messo online le prime sezioni di open-dormire, la sezione dedicata agli opendata riguardanti le strutture ricettive. Essendo io nato in Veneto ed avendo la Regione Veneto creato un dataset quasi perfetto (vedi le mie divagazioni sul dataset perfetto) il primo test è stato open-dormire Veneto. Esperimento molto interessante: google ha apprezzato il lavoro e ha indicizzato molto bene un sacco di pagine al punto che a volte delle persone, che probabilmente non intuivano che il mio sito elenca tutte le strutture ricettive ma non è il sito ufficiale di nessuna di esse, mi chiamava per prenotare 2 stanze per il weekend o per chiedermi i prezzi della settimana dopo capodanno.
A parte queste simpatiche curiosità, dopo qualche settimana ecco le prime email a mio avviso incomprensibili. Generalmente il formato del testo era: "Gentile Fabio, ho trovato la mia struttura sul tuo sito. Per cortesia la rimuova. Buona giornata". Alcuni senza il "per cortesia" andavano subito al sodo con un, sempre per me incomprensibile e purtroppo comune alla maggioranza delle email, tono minaccioso del tipo "...le do 24 ore di tempo per rimuovere la mia strutture altrimenti i miei legali la denunceranno per violazione privacy".
Tra me e me non riuscivo a capire il motivo di tanto fastidio, anzi pensavo fosse una cosa positiva avere dei nuovi canali capaci potenzialmente di portare a una struttura una prenotazione diretta (bypassando gli intermediari). Ma in molti casi mi sbagliavo... Forse sono strutture da perenne "tutto esaurito" e ricevere ulteriori richieste è solo una seccatura? Forse troppa visibilità limita loro la possibilità di occupare la struttura con modelli di business e modelli fiscali più creativi rispetto la prassi comune? Forse le email mi sono state inviate da portali turistici che guadagnano intermediando le prenotazioni tramite i loro siti e quindi l'apertura di altri canali ne limita il controllo? Con il desiderio, lasciato inespresso, di voler approfondire ho sempre tolto quelle strutture dagli strumenti open-dormre. 1 a 0 per la società e palla al centro (in questo caso le aziende turistiche).
Opendata - società: 0 - 2
Dopo il Veneto passo a fare gli open-dormire delle altre regioni. Quello della Regione Lombardia (open-dormire Lombardia) inizialmente aveva oltre 10 mila strutture. Passa una settimana, i motori di ricerca premiano lo strumento ma un paio di telefonate decisamente dure mi ha obbligato a rimuoverne oltre 6000. La minaccia "offerta" dalle telefonate in questo caso era degna dei più famosi libri legal-thriller di John Grisham: l'apertura di un processo legale in cui una associazione di imprese turistiche avrebbe addirittura promosso una class action contro di me.
I dati del portale opendata Lombardia erano rilasciati con licenza aperta ma queste esperienze dimostrano che l'Italia ha un disperato bisogno di chiarezza in merito. La voglia di tenere duro per stimolare un'accelerazione normativa era forte ma ho desistito (ringrazio i responsabili del portale opendata Lombardia che si sono presi in carico la faccenda). Per evitare costosi e noiosi casini ho "calato le brache" e anzichè immolarmi a "martire degli opendata" ho rimosso intere categorie di strutture ricettive tenendo pubbliche solo 3200 strutture su oltre 10 mila inizialmente censite dai dataset.
Il "problema" si ri-presenterà sempre più spesso dal momento che i dataset sulle strutture turistiche sono considerati "fondamentali" per lo sviluppo dell'economia digitale. Infatti alla pagina che segnala i dataset chiave alla voce "istruzione, cultura e sport" troviamo la lista dei dataset riportata nella figura sotto.
Incasso il colpo e proseguo con gli esperimenti. Realizzo interessanti visualizzazioni di dati riguardanti i redditi degli italiani, i veicoli sulle strade, l'energia, quello sui prezzi dei carburanti (si sta facendo conoscere a livello nazionale), etc. e fortunatamente questi osservatori danno zero problemi.
Opendata - società: 0 - 3
Vengono rilasciati i dati della CONSIP e provo a realizzare qualche pagina in grado di estrarre informazione dai 5 dataset resi disponibili. Ne esce qualcosa di interessante, vedi open-consip,e anche stavolta molte pagine vengono indicizzate sui principali motori di ricerca (le tecniche SEO che uso probabilmente sono efficaci per questo tipo di lavori).
Passano un paio di settimane ed ecco le prime sorprese. Alcune aziende mi chiedono di rimuovere i loro dati.
In questo caso si parte subito con la più classica e sdoganata delle minacce: se non rimuovo i dati entro 24 ore partono le denunce e querele. Strano che nel Paese con la giustizia "meno veloce" del mondo si dia così tanto peso alle vie legali, dando loro molte volte la precedenza sulla cortesia oppure sulla richiesta di un informale chiarimento del perchè tali dati siano nel mio sito (ovviamente ciò è scritto nel sito ma suppongo che per alcune persone sia più facile telefonare al proprio avvocato che leggere).
Anche in questo caso, accetto di rimuovere i dati per evitare lamentele e casini. Gli opendata e la trasparenza incassano un altro gol, la partira si fa difficile.
Ribadisco a costo di risultare noioso e mi sento di dover sottolineare quanto un profondo lavoro di chiarificazione sugli ambiti e applicazione delle leggi sulla privacy, licenze opendata e legge sul diritto d'autore sia quanto mai necessario. In questa pagina trovate un bel video di Simone Aliprandi in merito.
Secondo tempo: un caporetto per gli opendata
A questo punto la partita ricomincia e gli opendata anche se sotto di 3 gol rientrano in campo carichi, decisi a recuperare. Ma appena la partita riparte arriva la stoccata finale, il caporetto degli opendata, il kaput.
Ho capito che non ce la possiamo fare. Ho alzato bandiera bianca. Serve fare alcuni passi indietro (centinaia?) e prima di andar avanti con mastodontici piani di sviluppo tecnologici dobbiamo chiederci se la società italiana è pronta ai nuovi modelli di trasparenza e di comunicazione offerti dagli opendata.
No la società non è pronta ed eccone una lampante dimostrazione. Do per scontato che l'Università sia il luogo da cui parte l'innovazione, ritengo che sia un incubatore di futuro, penso sia l'Istituzione che ha il compito di segnare la direzione socio-culturale-economica che una Nazione vuole intraprendere.
Sotto riporto l'email opportunamente anonimizzata ricevuta da un professore di una Università italiana. La richiesta riguarda l'osservatorio open-h2020, uno strumento nel quale grazie agli opendata europei rimaneggio dati e numeri sui progetti conclusi, attivi e approvati all'interno del programma di innovazione e sviluppo Horizon 2020. Il programma Horizon 2020 è finanziato con i soldi pubblici quindi la trasparenza è, ed è giusto che sia, uno dei pilastri che muove l'intero programma. Così per fortuna è!
CORDIS infatti rilascia i dati dei progetti con una discreta frequenza. Inoltre gli avanzamenti ed i risultati raggiunti dai progetti devono essere pubblicati in forma "open". Ed ancora, giustamente, ci sono molti altri "vincoli-open" che favoriscono e attivamente stimolano la trasparenza.
E' un approccio che ai lettori di questo post può risultare ovvio e banale, per molti spero rappresenti anche l'unico modo con cui si possa procedere quando si tratta di utilizzo di fondi pubblici. Ma ecco l'email del "caporetto opendata":
Gentile Dr/Sig. Disconzi,
è con sorpresa che trovo il progetto ******** nel suo sito; sono il coordinatore del progetto, e non capisco come lei lo possa pubblicare sul suo sito, senza neanche chiedere la fattibilità della cosa.
La invito a rimuovere il progetto, in alternativa mi troverò costretto a farla contattare formalmente dall'ufficio legale di Ateneo.
Distinti saluti,
Nome Cognome
Siamo spacciati! In un'era storica in cui l'economia digitale guiderà (sta guidando) il mondo, coloro che devono formare la società parlano di "fattibilità nei confronti di un sito internet? I leader culturali, i nostri fari della conoscenza, coloro che devono insegnare(!) ai giovani sia la professione ma anche un'etica(!) chiedono di rimuovere dei dati pubblici riguardanti un progetto finanziato con soldi pubblici?
Come può un professore universitario non essere a conoscenza del fatto che i progetti europei possono/devono essere comunicati a chiunque? Come può non conoscere il fatto che ogni progetto europeo ha una scheda in CORDIS? Il gentile prof. chiederà al cordis.eu di rimuovere i dati del suo progetto?
Qual è il motivo che porta a richiedere la rimozione dei dati (per me anche troppo pochi) riguardanti un progetto europeo, ribadisco, finanziato con soldi pubblici?
Capisco che alcuni professori meno "nativi digitali" possano avere problemi a interagire con l'ultimo bot di telegram, tollero che possano pensare che "wordpress" sia un modello di "telescrivente", mi viene la pelle d'oca quando percepisco che per alcuni il "fax" è considerato un mezzo di comunicazione valido... ma mi risulta impossibile accettare una richiesta del genere soprattutto quando chi la fa veste i panni del coordinatore di un progetto Europeo e, ancora più grave, anche i panni di un accademico.
Parentesi: pare che l'università e il sistema accademico, forse, non riesca a stare al passo coi tempi. I metodi di selezione del personale pure. Piero Formica spiega in modo brillante questa necessità di "orizzontalizzare la formazione" ma evidentemente il messaggio non viene ancora recepito. E' terrificante constatare che i portatori della conoscenza siano ancora così lontani da quello che l'economia digitale ritiene già remoto passato.
Accettabilità sociale degli opendata
In Italia stiamo costruendo il "castello degli opendata" su delle fondamenta ancora piuttosto instabili.
Vi è un problema di accettabilità sociale per gli opendata! Lo sviluppo degli opendata incontra anche barriere di natura sociale che devono essere superate. La società che nel futuro pretenderà opendata "per tutto" attualmente nemmeno li accetta.
Si potrebbe iniziare con una capillare attività di formazione che porti la conoscenza degli opendata al maggior numero di cittadini. Con urgenza il nuovo approccio alla trasparenza deve essere fatto capire a chi siede ai vertici delle istituzioni formative.